martedì 25 gennaio 2011

"L'ASSIETTITU RA VIGNA" ossia l'impianto del vigneto

Nella pratica agricola relativa alle fasi di lavorazione di questa, come degli altri impianti stabili, tramandati dal 1600 fino agli inizi del ‘900, si evidenzia prima quella relativa alla preparazione del terreno o "tirrinu". Questa viene generalmente effettuata dopo il 15 di agosto, con la bruciatura delle erbacce o delle stoppie. Quindi si procede all’aratura profonda, che si effettua in senso longitudinale e trasversale, ossia a "sciaccari e rifunniri". Essa veniva fatta con l’aratro a "spadda" o a pertica che veniva tirato, al giogo più o meno grande, da due buoi o da due cavalli, da due muli o da due asini.

Tale preparazione del terreno veniva pure realizzata con l’aratro a "scocca" tradizionale, di cui la "scocca" poteva essere più o meno grande a seconda che servisse per cavalli, muli o asini.

Tale aratura profonda veniva fatta più volte dalla fine di agosto a novembre, quindi si assestava, ossia si squadrava, il terreno con una "lenza" o cordicella con tanti nodi equidistanti, che servivano per segnare con dei pezzi di canna o "cadduozzi" il punto dove si sarebbe dovuto piantare il sarmento, ossia "magghiuolu latinu" o tralcio, che essendo della qualità prescelta non abbisognava di innesto. L’impianto aveva luogo a fine dicembre inizio gennaio, dopo aver fatto il buco di cm 50x50x50 con il "baragghiu", mentre dove si incontrava la pietra si adoperava lo "zappuni" .
Aratro, dal lat. Aratrum, in sic. Aratru a spadda.

Ciò in quanto originariamente veniva trainato dal giogo fissato sulle spalle degli animali. Successivamente, spostato il giogo tramite apposite selle sulla schiena degli animali, prendeva il nome generico di aratro a pertica. L’aratro, di costruzione artigianale, è costituito da una trave lunga, ossia pertica, di cui una estremità viene collegata al giogo e l’altra si incastra al centro del "puntali" dove è trattenuta dalla "meccia". Il "puntali" costituiva l’aratro vero e proprio, formato da un pezzo di trave sagomata con in alto l’impugnatura, detta "manuzza", e in basso un vomere fisso in ferro che creava il solco più o meno profondo, a seconda dell’angolo, formato con la pertica, che veniva regolato dalla "turnigghia" in legno fissata da un "cugnu" nel "cavadduzzu" o gobba in legno che fa da rinforzo alla pertica nel punto di trazione.

Giogo, dal latino Jugum, per mucche o buoi

Di costruzione artigianale, è costituito da una trave in legno sagomato formante alle due estremità due identici collari, ossia "cuddara", delimitati da due fori passanti in cui venivano fissate le cordicelle dei pettorali che trattenevano i due animali al giogo. Mentre l’incavo esistente al centro del giogo serve per tenere fissa la "pastura", che collegava la pertica dell’aratro al giogo.

Pettorale, dal latino Pectorale,per qualsiasi animale.

È realizzato artigianalmente in "curina", ossia le penne che compongono le foglie a ventaglio della palma nana o "scupazzu". Le penne, dopo essiccate e messe a bagno nell’acqua, venivano arrotolate su sé stesse collegandole l’una all’altra così da formare un’unica cordicella che, opportunamente intrecciata, era capace di opporre una notevole resistenza alla trazione degli animali che non subivano alcun danno.

Pastoia, dal latino Pastura.

È realizzata artigianalmente con due verghe di faggio opportunamente attorcigliate su se stesse e intrecciate l’una con l’altra. Serviva per collegare l’estremità della pertica dell’aratro, o di alcuni carri, al centro del giogo tirato dagli animali.

Giogo, dal latino Jugum, per cavalli o muli.

Costruito artigianalmente, è costituito da una trave in legno di quercia sagomata nella quale sono posti, nella dovuta posizione, i due pettorali, la "pastura" e la testa della pertica con la "cavigghia", o spina, per non farla sfilare.

Giogo, dal latino Jugum, per asini.


Costruito artigianalmente, è costituito da una trave di legno di quercia sagomata e formante, alle due estremità, due identici collari, ossia "cuddari", delimitati da 2 fori passanti in cui venivano fissate le estremità dei pettorali che tenevano uniti i due animali, mentre nel centro vi è piantata una "uccula", o anello di ferro, che serviva a fissare la pastura che tratteneva la pertica.

in sic. Maravusca, nome composto da "amara" e "vusca" cioè:
guai a chi li prende
Si tratta di un tipo di frusta, di costruzione artigianale, costituita dal lungo manico di legno con una frusta di corda intrecciata per incitare gli animali, da una parte, e dall’altra una paletta di ferro per pulire di tanto in tanto il vomere ossia "l’ommira" dell’aratro.

Giogo, dal latino Jugum.

Costruito artigianalmente, è costituito da una trave grezza alle cui estremità troviamo, al posto dei collari, due "tireddi", ossia piccoli tiranti, in tondino di ferro sagomato ad "U" fissato alla trave, nel quale veniva introdotta la testa della sella da lavoro. Al centro del giogo vi è una staffa di ferro sagomato con, all’estremità, un foro passante nel quale si introduceva il gancio della "pastura", ora tutta in ferro.

Pastoia, dal latino Pastura.

Di costruzione industriale, è formata da un anello di ferro tondo in cui veniva introdotta le testa della pertica, e da un gancio che veniva introdotto nel buco della staffa del giogo, come si può vedere dalla foto esplicativa.
Sella, dal latino Sella.
Di costruzione artigianale, è costituita da una parte anteriore in un unico pezzo di legno a forma di "Y" rovesciata, il cui gambo prende il nome di "testa i sidduni" dove veniva introdotto il tirante del giogo, la cui estremità poggia su due "cavigghiuni" sporgenti chiamati "puppa". Queste due caviglie, con le altre quattro più corte, servivano a collegare la forcella anteriore con quella posteriore fatta da due pezzi di legno lavorati e uniti.


Di costruzione artigianale, è costituita da una parte anteriore a forma di "V" rovesciata, realizzata con due pezzi di legno sporgenti dal punto di incontro che costituiscono la testa, ora più propriamente detta "palummedda" in quanto, pur conservando la stessa funzione, i due pezzi di legno sporgente richiamano le ali della colomba. Mentre i due "cavigghiuni" sporgenti in alto conservano la funzione e il nome di "puppa" del "sidduni i laurari" (1924). Questo, come si vede con l’ausilio di un cavalletto, veniva poggiato sulla schiena dell’animale sopra un cuscino di tela di canapa imbottito di paglia, ossia "varduni" (1921), ed era fissato con un "suttapanza" (1923) di cuoio e con un pettorale (1922) di corda di "zammarra" o agave, oltre alla "curera" che manca

Di costruzione artigianale, è costituita da una parte anteriore a forma di "V" rovesciata e realizzata da due pezzi di legno lavorati e sporgenti dal punto di incontro, dove sono collegati da un bullone di ferro, e conservano sia la funzione che il nome di testa o "palummedda" della sella da lavoro. Questa, al posto delle due caviglie sporgenti, ha una tavola piatta, che costituisce la "puppa", tenuta da un tondino di ferro piegato a "U" e imbullonato nel retro della sella, tenuta da altre quattro "cavigghi" di legno.
Di costruzione artigianale, è costituito da 4 sbarrette di ferro piatto, imperniate su altre due barre sagomate a forma di "V" rovesciata nei cui vertici è imperniata un’altra barra di ferro piatto sagomato ad "U", la cui parte sporgente costituisce la "puppa". Nel centro si innalza un grosso tondino di ferro lavorato, avente il vertice tagliato e ripiegato per riproporre l’idea della "palummedda", ormai talmente radicata da far passare in secondo ordine il vecchio nome di "testa i sidduni i laurari".
Di costruzione artigianale, è costituito da una trave grezza alle cui estremità troviamo, al posto dei collari, due "tireddi", ossia piccoli tiranti in tondino di ferro sagomato ad "U", fissati alla trave e introdotti nelle teste, ossia "palummeddi" delle selle da lavoro, mentre la trave poggia sulle "puppe". Al centro del giogo troviamo ora fissato un tondino di ferro sagomato ad "U" che prende il nome di "maniuni" in cui, evitando l’impiego della scocca, si introduceva la testa della pertica dell’aratro che veniva fissata da una spina o "trafitta".

Aratro, dal latino Aratrum, in siciliano Aratru a scocca (tradizionale).
Di costruzione artigianale, è costituito dal "puntali" in legno sagomato con in alto l’impugnatura, detta "manuzza", e in basso un vomere, ossia "ommira a scarpa", in quanto si mette e toglie come una scarpa. Al centro vi si incastra la pertica, quasi della stessa lunghezza, collegata all’aratro dalla "turnigghia" in ferro, che regola l’angolo di inclinazione per arare più o meno profondamente. L’altra estremità della pertica è di forma cilindrica, detta "masculu" o maschio, che si introduceva nella femmina della scocca.

Nocca,dal medio alto tedesco Knochen, in siciliano Scocca.
Nocca di costruzione artigianale per equini, costituita da una forcella in legno con due lunghe gambe sagomate, o "iammi", alle cui estremità sono due anelli che servono per collegarla al "sidduni i laurari", mentre nella grossa testa della forcella si trova un foro passante, detto "fimmina", dove si introduce il maschio della pertica dell’aratro, che veniva fissato con l’ausilio di una rondella e di una "trafitta", o spina, come si può vedere dalla foto esplicativa.

Sella, dal latino Sella, in siciliano Sidduni i laurari.
Di costruzione artigianale, nell’evoluzione dell’aratro "a spadda" nato nell’età neolitica, questo tipo di "sidduni i laurari", che si rifà, nel principio costruttivo, ai "cuddara" del giogo, segna la nascita dell’aratro a scocca, già conosciuto nell’ottavo secolo a.C. in Grecia e in Italia, dal quale deriva quello siciliano. Esso si compone di un pezzo di legno, lavorato in modo da dare una sagoma abbastanza ricurva da poggiare sulla schiena dell’animale, mentre alle estremità, oltre ai rispettivi ganci in ferro battuto, o "cruocchi", che si agganciano agli occhielli posti alle estremità delle gambe della scocca, vi sono due anelli e due fori a cui si legavano il pettorale e il sottopancia.
Di costruzione artigianale, è realizzata con due lunghe strisce di ferro piatto, sagomate a forma di "V" rovesciata e collegate da sei sbarrette, di cui le due più in basso sporgenti e formanti due ganci a cui veniva collegata la scocca dell’aratro, mentre gli anelli in ferro, o "ucculi", esistenti nella parte superiore, servivano per farvi passare le redini per guidare l’animale, sul cui dorso, per non fargli male, si poggiava il "varduni" (1918), cuscino in tela di canapa imbottito di paglia.

Lenza, dallo spagnolo Lienzo, in siciliano Lenza.

Di costruzione artigianale, è realizzata in "curina", ossia con le pinne che compongono le foglie a ventaglio della palma nana o "scupazzu". Le pinne, dopo essiccate e messe a bagno nell’acqua, venivano arrotolate su se stesse collegandole l’una all’altra così da formare un’unica cordicella capace di opporre una notevole resistenza alla trazione, tanto che veniva usata anticamente per allineamenti di impianti agricoli, edili, ecc..

..., sic. Baragghiu.
Attrezzo di costruzione artigianale, in ferro temperato, che serviva per rompere le zolle, in genere, e per fare buche di modesta profondità. È costituito da una lamina di acciaio di forma rettangolare con un lato leggermente incavato e, al centro del lato opposto, un occhio in cui si introduce il manico in legno. Il "baragghiu" anticamente era più stretto della zappa e più largo dello "zappuni".




Zappone, dal latino Sappa, in siciliano Zappuni.




Attrezzo, di costruzione artigianale, in ferro temperato stretto, lungo e abbastanza pesante, con un occhio, nella parte stretta, per il manico in legno. Serviva generalmente a scavare terreni pietrosi.


















Maghiuolu, dal latino Malleolus, in siciliano Magghiuolu.
Sarmento che si taglia dalla vite, al quale è lasciato in fondo un pezzo del ramo su cui è nato, da cui piglia la forma di martello, e si pianta per allevare una nuova vite identica a quella da cui si è tagliato.

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