La vite nostrana o vitis vinifera è originaria dei paesi che si affacciano nell’area del Mediterraneo, dove particolarmente vive in Sicilia. Qui l’uomo preistorico ne consumava, come frutta spontanea, i grappoli non conoscendone il nettare e i suoi effetti.
Emblematico a tal riguardo è l’episodio di Ulisse, narrato da Omero nell’Odissea, che sbarcato in Sicilia e fatto prigioniero da Polifemo lo acceca, dopo averlo ubriacato con il vino estratto dall’uva. Con la fuga di Ulisse e il suo rientro in patria inizia la colonizzazione greca della Sicilia e, non a caso, proprio con la fondazione nel 743 a.C. di Naxos (Taormina), prossima all’area dei ciclopi ossia ad Acitrezza. Con tale colonizzazione i greci introdussero nuove coltivazioni tra cui quella sistematica della vite con i metodi di lavorazione, estrazione, conservazione e commercializzazione del vino.
Troviamo così che la vitivinicoltura rapidamente si diffuse lungo la costa orientale dell’isola, come attestatoci dalla fondazione nel 733 a.C. di Siracusa e, nel 598 a.C.di Camarina. Infatti qui la vitivinicoltura ci è documentata, come scrive il Pace, da alcune monete che presentano nell’esergo delle anfore vinarie, tipiche per la bocca stretta e la pancia allungata, che venivano usate soprattutto per il trasporto e quindi la commercializzazione del vino. Questo, dopo l’occupazione romana della Sicilia, prevalentemente si esportava a Roma e nell’Italia centro-meridionale, dove risiedevano i patrizi romani.
Infatti, durante gli scavi di Pompei, distrutta nel 79 a.C. dall’eruzione del Vesuvio, si ritrovarono diverse anfore vinarie che, come ci attestano le iscrizioni, sono provenienti da Taormina e dal mesopotamio, designato negli itinerari romani dell’epoca antoniana (138 a.C.-92 d.C.). Ciò in quanto durante questo periodo l’ex regione Camarinese, intensamente popolata da casali e fattorie, posta com’è tra l’Ippari e l’Acate, prendeva il nome dotto di Plaga Mesopotamica dove le navi mercantili facevano scalo. Questa, d’altra parte, era collegata con il retroterra grazie ad una fitta rete viaria che collegava il nostro territorio col resto della Sicilia, come attestatoci dalla tabula Peutingeriana. La suddetta tabula, certamente di origine imperiale oltre ad avere avuto fonti comuni con il cosiddetto Itinerarium Antoniani probabilmente si rifà ad Agrippa (63 a.C.-12 a.C.), il quale fra l’altro preparò il materiale per una carta geografica del mondo.
Dette strade, nate durante la conquista romana della Sicilia, fatte spesso su quelle greche o il tratturo preistorico, venivano utilizzate per il trasporto e il commercio interno alla Sicilia, dove collegavano i paesi più disparati e distanti.
La persistenza di queste strade, come quella che quasi ripercorreva la vecchia statale 115 da Agrigento a Siracusa, nella Piana di Vittoria ci è attestata da documenti del 1500 e del 1600, così come la vocazione vitivinicola. Questa, con la ricolonizzazione del 31/12/1607 della Terra di Cammarana, di Bosco Piano, col nome nuovo di Vittoria, grazie alla concessione di una salma di terra con un canone ridotto che Vittoria Colonna faceva ad ogni capo famiglia che l’avesse piantata a vigna, diventava l’economia trainante per tutti i paesi circonvicini, come Acate, Comiso e Santa Croce Camerina fino agli inizi del novecento.
D’altro canto la natura del terreno costituito in gran parte di arenaria larga, che lascia filtrare l’acqua, così come si presta alle coltivazioni forzate in serra si prestava alla coltivazione vitivinicola in quanto dava un prodotto altamente alcolico e remunerativo capace di sostenere tutte quelle attività collaterali che impegnavano uomini, animali e mezzi per tutto il ciclo produttivo.
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