mercoledì 26 gennaio 2011

"A VIRIGNA E U VINU PISTA 'MUTTA" ossia la vendemmia e il fiore di mosto

La vendemmia nella Piana di Vittoria generalmente cominciava verso il 15 di agosto, quando l’uva era matura e in più a quella data, finiti i lavori della raccolta cerealicola, vi era più possibilità di reclutare manodopera. Quindi si "adduvava a ciurma", si reclutava la squadra di operai che veniva guidata dal "suprastanti", ossia caposquadra, che si occupava della vendemmia vera e propria cioè della raccolta dell’uva.

Questa veniva effettuata da almeno 5 o 6 persone, di cui almeno due mulattieri con relativo mulo e i due "cancieddi" portati a barda, così, mentre un mulattiere scaricava al palmento l’uva, l’altro caricava aspettando all’inizio dei filari della vigna. Qui arrivava il "carriaturi", o portatore dell’uva, che la trasportava sulla spalla nella "cruvedda" facendo 6 viaggi per completare il carico. Costui andava e veniva dal mulo all’"antu", ossia al posto di raccolta, dove aveva lasciato la "cruvedda" vuota che il capofila e altri due riempivano con i grappoli o "rappi" di uva, raccolta col coltello e messa nei panieri. Intanto l’uva ossia "racina", a dorso di mulo, arrivava al palmento. Qui, sul retro, dal lato esterno esistevano uno o due "finestrali" con il davanzale rialzato in unica pietra viva sporgente a mezzaluna, dove veniva poggiato uno dei due "cancieddi", mentre l’altro si appoggiava su una grossa pietra a mo’ di tamburo di colonna, che si trovava poco distante e in corrispondenza.

Liberato il mulo, il mulattiere porgeva i due "cancieddi" pieni di uva ad almeno due "pisaturi" che, all’interno del palmento, pigiavano l’uva che scaricavano sul piano inclinato o "aria" laterale "’nvalatata" ossia piastrellata in pietra viva di Comiso, che si allungava poco sotto il livello del davanzale.

Quindi gli uomini trattenendosi, per non cadere, ad una fune penzolante dalla trave del tetto pigiavano a piedi nudi l’uva, il cui succo si riversava da un canale in pietra nel sottostante tino in muratura, passando prima dalla "cruvidduzza i scucciari" che faceva da filtro impedendo ai chicchi dell’uva o "coccia" schiacciati e quindi a buccia, polpa, seme e raspo, ossia a "pogghia", "purpa", "vicciu" e "rappogghia", di cadere nel fossato a forma di parallelepipedo, ossia tino.

Finita la pigiatura si usciva il fiore di mosto che, messo in botte, dava un vino chiaro ossia il tipico "cerasuolo di Vittoria" che si otteneva con la spremitura leggera detta "pista ‘mutta" in quanto si evitava la fermentazione e la commistione di sostanze tanniche che caratterizzano gli altri vini.

Paniere, dal latino Panarium, in siciciliano Panaru.


È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga a cui si intrecciano lunghe strisce di canna utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente devono essere messe a bagno nell’acqua. Ha una forma tronco conica con il manico, nell’orlo, pure in verga e serve per la raccolta di olive, uva, ecc..

Corbello, dal latino Corbula, in siciliano Cruvedda.
È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga a cui si intrecciano lunghe strisce di canna utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente bisogna metterle a bagno nell’acqua. Ha una forma tronco conica con due manici, tutti in verga, poco rialzati rispetto all’orlo e veniva utilizzato per il trasporto dell’uva, dal punto di raccolta, al posto di attesa del mulattiere, dove l’uva veniva scaricata nei "cancieddi", che a dorso di mulo venivano trasportati al palmento.
È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga cui si intrecciano lunghe strisce di canna utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente bisogna metterle a bagno nell’acqua. Ha una forma quasi cilindrica con un grosso orlo, tutto in verga, nel quale veniva passata la corda per legarla agli uncini della "scalidda", utilizzata per il trasporto dell’uva a "barda", o a dorso di mulo, fino al retro del palmento.

..., in sic. Cancieddu.


È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga cui si intrecciano lunghe strisce di canna, utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente bisogna metterle a bagno nell’acqua. Ha una forma tronco conica e, nella parte superiore, una "lumera", ossia un doppio orlo formante un ampio e profondo becco. Serviva per filtrare il mosto che colava dall’apposita canaletta alla quale veniva legato. Cosicché quando il corbello si riempiva di impurità, il doppio orlo faceva da ulteriore filtro.

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